Mons. Frisina: In chiesa i canti siano per tutti
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Chi canta, prega due volte”. Monsignor Marco Frisina, autore di musica liturgica e di colonne sonore per filmografia sacra, nonché direttore di coro, ricorda le celebri parole di Sant’Agostino, mentre si accinge a condividere il valore dell’arte musicale e del ruolo della musica nella liturgia.«La musica è, di tutte le arti, quella più astratta; non si vede e non si tocca. Eppure è la più coinvolgente, poiché parla prima al cuore, sede delle emozioni, poi alla testa, dove muove e svela ricordi e rimembranze», spiega il compositore.
Che continua: «Non servono traduzioni per la musica: un veneto, un africano, un cinese hanno la stessa possibilità di comprenderla. Ognuno riconosce, istintivamente, l’armonia trasmessa dai rapporti ordinati delle vibrazioni prodotte dagli strumenti o dalle voci di un coro… E’ nell’armonia, ordine divino del mondo, che troviamo pace, serenità: qui sentiamo che le cose sono a posto. Già, perché la musica aiuta noi stessi a trovare un rapporto armonico con il suono, ma anche, generalmente, con tutte le cose».
«Prendete un ragazzino che si innamora...». Così chi suona in un coro conosce l’importanza dell’accordo tra i coristi, sa che al contempo nessuno è essenziale e tutti lo sono, se uno soltanto stona dà un’ombra al lavoro di tutti; la musica è, dunque, un’esperienza di condivisione, un modo concreto di fare la pace e l’accordo. Non solo: la musica, che fino a pochi secoli fa accompagnava ogni componimento poetico, è una celebrazione, una forma d’espressione della poesia. E la poesia, si sa, è un’esperienza che appartiene a tutti: «Prendete ad esempio un ragazzino che si innamora: da un giorno all’altro passa dallo stato di un selvatico a quello di cavaliere; se fino al giorno prima non si lavava nemmeno, inizia a curare il suo aspetto e i suoi modi - nota scherzosamente mons. Frisina – Non è vanità: semplicemente egli vuole dare il meglio di sé, e diviene a suo modo un poeta. Nel 1926 mio padre faceva la serenata a mia madre, allora appena sedicenne, e ogni sera si presentava sotto la sua finestra, finché non l’ebbe in sposa. Ogni grande momento della vita cerca la poesia, e così la poesia cerca la musica. Ma, attenzione, proprio per questa peculiarità, non tutto può essere musicato: se io cantassi l’elenco del telefono o il menu del ristorante, risulterei ridicolo; la musica merita la grandiosità delle parole: e gli argomenti d’eccellenza sono la preghiera e l’amore. E se cantiamo una preghiera, la comprendiamo meglio, perché la scansione è più lenta, si sofferma più a lungo su ogni parola, permette di meditarla; perciò, la musica non è semplice abbellimento della messa, è, anzi, parte dell’azione liturgica».
Primo è il ritmo. Ma quale tipo di musica? «Ricordiamoci – prosegue il sacerdote - che la musica è potentissima: la sua unità elementare è il ritmo, che ognuno di noi porta in sé, proprio nei battiti suo cuore; il ritmo della musica cambia a seconda della situazione che descrive, così il ritmo del nostro cuore cambia a seconda dell’emozione o dello stato che viviamo. E così, il ritmo della musica liturgica deve ispirarsi a quello del cuore di chi prega».
Il riferimento al canto gregoriano, esempio insuperato di genere liturgico, viene immediato: «La sua bellezza dipende da alcuni criteri fondamentali: il primo è il primato della Parola sulla melodia e, ricordiamo, la Sacra Scrittura è il testo più bello, concreto, essenziale da musicare. Inoltre, il canto gregoriano è scritto per i monaci, con un’estensione accessibile a tutti. Non è per singoli virtuosismi, è, insomma, la musica che più induce alla preghiera; fondamentale anche perché, ricordiamo, durante la messa alcune parti devono essere cantate, dal sacerdote o dall’assemblea».
Il repertorio sia unitario. Detto questo, Frisina si sofferma su questioni di stringente attualità, come l’unificazione del repertorio liturgico o l’utilizzo di canti e strumenti “per giovani” durante la messa. «Sicuramente lo strumento più adatto ad accompagnare la liturgia è l’organo, acusticamente il più corale, il più coinvolgente. Per quanto riguarda il repertorio, invece, è importante sia il più unitario possibile, che non ci siano troppe distinzioni tra quello “per giovani” e quello “per adulti».
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